
L’intonaco è un aspetto attraverso il quale appare visivamente evidente la effettiva qualità di coloro che hanno contribuito a realizzarlo.
Purtroppo, però, i lavori malfatti appaiono evidenti ma…non nell’immediato. Spesso in tempi lunghi ed anche lunghissimi
L’intonaco
L’intonaco, infatti, non è una attività banale come molti vorrebbero far credere.
Basta guardarsi intorno per capirlo.
Nei nuovi edifici non è infrequente vedere intonaci con cavillature o piccole fessure che, in assenza di problemi strutturali, trovano la loro giustificazione solo nell’approssimazione esecutiva con cui l’intervento è stato affrontato.
La tecnica dell’intonaco, peraltro, è antichissima e si è tramandata nei secoli con buoni risultati.
Non ci sarebbe stato molto da inventare.
E per 3000 anni così è stato: si è operato facendo tesoro dei saperi del passato.
Poi l’industria del cemento ha messo in campo i suoi agguerriti agenti del marketing, cui si è aggiunta una esasperata attenzione ai costi immediati e, purtroppo, anche una non sempre adeguata preparazione tecnica da parte degli operatori edili.
A causa di questi tre fattori, viene spesso sottovalutato il valore degli intonaci tradizionali, ancor oggi, belli a vedersi, su edifici datati.
Dagli anni ’60 in poi, purtroppo, la calce, quella che nella tradizione rappresentava il legante principe negli intonaci, è stata progressivamente marginalizzata e sostituita dal cemento.
Un materiale che a differenza della prima non agevola la traspirabilità della massa muraria e, non di rado, contribuisce quindi al manifestarsi, in tempi brevi, di problemi estetici più o meno significativi.
Inoltre nel promuovere questo nuovo modo di operare è stata trascurata una caratteristica indispensabile nell’intonaco: la deformabilità.
Quest’ultima è una qualità che si rivela preziosa per consentire i piccoli adattamenti necessari, quando l’intonaco riveste materiali diversi dallo stesso, ma anche diversi fra loro. Con coefficienti diversi di dilatazione.
Il grassello di calce
Ed ecco spiegato un altro motivo per cui in passato si utilizzava il grassello di calce, in questo tipo di lavorazioni.
I leganti che lo compongono infatti gli conferiscono la necessaria plasticità.
In grado di assecondare gli assestamenti inevitabili in ogni nuova costruzione, ma anche le dilatazioni e contrazioni dovute alle escursioni termiche, etc.
Questa caratteristica sarebbe oggi ancor più utile che in passato.
Infatti la varietà di materiali impiegati è andata via via incrementandosi.
Una condizione in cui è frequentemente riscontrabile la problematica derivante da una scarsa capacità plastica degli intonaci è quella in cui dei pilastri in cemento armato sono attigui a muri di tamponamento in laterizio.
Si tratta di due strutture murarie che rispondono in maniera diversa alle varie sollecitazioni e necessiterebbero quindi di un rivestimento deformabile, in grado di seguirne i movimenti.
Ma non tutti i problemi sono ascrivibili alla scelta del materiale.
Esiste anche un problema tecnico, di esecuzione.
Spesso originato dal desiderio di realizzare economie contraendo i tempi di lavorazione.
Talaltra dovuto invece solo dalla mancanza delle conoscenze di base della muratura.
L’errore più diffuso in questo ambito è l’assenza di bagnatura del supporto.
E’ chiaro che un intonaco eseguito a regola d’arte può avere un costo leggermente superiore rispetto ad un intonaco fatto senza rispettare le necessarie precauzioni.
Ma è altrettanto evidente che i pochi euro risparmiati in fase di esecuzione dovranno poi essere ripagati con abbondanti interessi per mettere mano agli inevitabili interventi manutentivi che non tarderanno a rendersi necessari.
Le buone regole
Riassumiamo quindi le regole che dovrebbero essere osservate per realizzare un intonaco ben fatto:
A) evitare di realizzarlo nelle giornate in cui le temperature sono troppo elevate o particolarmente ventose.
B) realizzare l’intonaco almeno a tre strati (rinzaffo, corpo e finitura)
C) applicare lo strato di corpo e finitura solo ad avvenuta maturazione dello strato di rinzaffo.
Un’alternativa non costosa ma di nicchia

Esiste poi un altro tipo di intonaco: ecologico, bello e salubre ma, giustamente, destinato ad essere impiegato solo in particolari contesti.
Intonaco terra e paglia: tanta salute!
Premessa: non esistono materiali da costruzione privi di impatto ambientale.
Ci sono però materiali il cui impatto è pesante. Sia nella fase di realizzazione che in quella di smaltimento.
Ed altri invece che, quasi come ci vengono offerti dalla natura, così vengono impiegati.
Sotto questo aspetto, il più ecologico di tutti è certamente rappresentato dalla terra.
Senza alcun processo chimico-fisico di trasformazione richiede solo la poca energia necessaria a scavarla e, successivamente, a macinarla o vagliarla per ridurla al livello granulometrico desiderato e renderla adatta ad essere mescolata con l’acqua ed un altro legante.
Per quanto ci riguarda, quale legante, solitamente impieghiamo la paglia.
Caratteristiche dell’intonaco terra e paglia
Una delle caratteristiche dell’impasto così ottenuto è rappresentata dalla sua capacità di scambiare l’umidità con l’ambiente circostante, in dosi copiose.
Ciò contribuisce a rendere particolarmente salubre l’edificio nel quale il rivestimento in terra funzionerà anche da regolatore igrometrico.
Assorbirà infatti umidità quando l’aria ne è satura restituendola invece quando la stessa diventa secca.
Un’altra apprezzabile qualità dell’argilla è rappresentato dalla sua densità volumica.
Un fattore importante ai fini dell’inerzia termica che peraltro ben si coniuga con il tempo esteso di sfasamento termico, caratteristica propria di questo materiale: assorbe il caldo e lo rilascia poi lentamente.
Un’altra qualità appartenente ai rivestimenti in terra è quella di attenuare i fenomeni di elettro magnetismo.
Un vantaggio per la salute ma che contiene anche una controindicazione da valutare: in un tempo di connessioni universali, l’intonaco in terra tende ad essere meno permeabile dalle comunicazioni wireless.
Dal punto di vista estetico poi questo tipo di rivestimento gode di una tavolozza quasi infinita di colori e sfumature senza costringere a lavorazioni affrettate.
Infatti, in virtù del suo prolungato tempo di asciugatura, consente anche effetti decorativi di lunga lavorabilità.
Come già ricordato, noi, aggiungiamo all’argilla la paglia, un’inerte vegetale.
Le sue fibre, sono utili ad attenuare le forze che, durante la fase di essiccazione, tendono alla trazione, e che, in assenza di questo umile componente, finirebbero per generare fenomeni di ritiro con conseguenti crepe.
Non in tutte le situazioni risulta possibile impiegare materiali naturali ma, dove lo si può fare, non dimentichiamo mai che i materiali naturali contribuiscono alla salubrità degli ambienti!
Noi, di impresa il Lago, siamo confidenti nel fatto che l’edilizia possa ritornare ad essere attività esercitata da operatori preparati, orgogliosi del loro saper fare.
Del resto, in edilizia, per fare un buon lavoro non servono qualità intellettive particolarmente eccelse. Un po’ di buon senso e tanta volontà ed il resto vien da sé.
Alcune note sulla terra cruda
Come sopra menzionato, l’impasto di terra e paglia alleggerita è caratterizzato da un impatto ambientale quasi nullo ed un potere coibente non banale.
I materiali necessari a realizzare questo impasto sono acquistabili presso i negozi specializzati ma anche rinvenibili in natura senza troppe difficoltà.
Infatti altro non sono che terra, acqua e aggregati vegetali.
Questa tecnica, come si può vedere nel seguente video https://www.youtube.com/watch?v=zRa5NEFSgKYpuò , può anche essere impiegata nella realizzazione di tamponature le cui caratteristiche di isolamento saranno determinate dalle diverse proporzioni di paglia e terra utilizzate nell’impasto.
E’ chiaro che questo tipo di impiego non è usuale e neppure consigliabile nella maggior parte dei casi.
A meno che…non si voglia realizzare un ecovillaggio o comunque qualcosa di estremamente alternativo!
Per i coraggiosi che volessero sperimentarlo, di seguito forniamo alcuni piccoli ma utili accorgimenti:
- Uno spessore della tamponatura inferiore a 15 cm non consentirebbe di avere la necessaria robustezza del manufatto, allo stesso modo però con superfici che oltrepassano i 35 cm di spessore possono presentarsi problemi di marcescenza dovuti ad un tempo troppo prolungato di essiccazione.
- Realizzata la prima parte del tamponamento, per ca. 10 cm, è opportuno attendere il tempo necessario ad una prima asciugatura prima di caricarlo con l’ulteriore peso degli strati successivi.
- Un elemento da considerare è il clima: sul nostro territorio i mesi più indicati per utilizzare questa tecnica sono quelli compresi fra maggio e settembre. Una gelata infatti potrebbe compromettere il lavoro realizzato.
- Tamponature di questo tipo devono essere intonacate solo una volta accertata la completa asciugatura della muratura. Normalmente 5 o 6 mesi.
- Non è consigliabile poggiare direttamente a terra questo tipo di tamponamento. Pertanto al fine di renderlo immune da eventuale umidità di risalita è utile frapporre fra lo stesso ed il terreno uno strato di mattoni o di altro materiale non aggredibile dall’umidità.
